Per chi non lo conosce, Gian Piero Motti è stato un virtuoso dell'alpinismo piemontese oltre che un grade visionario.
Dotato di grade sensibilità ha scritto saggi molto profondi e toccanti sulla montagna, sull'alpinismo.
In particolare, consiglio questa breve lettura sulla "malattia" che uno sport (di fatica) così intenso può portare.
Sono sicuro che molti di noi troveranno verità in ciò che ha scritto l'autore.
http://www.scuolamotti.it/varie/i%20falliti.pdf"L'importante è allenarsi, sempre e di continuo, non perdere una giornata, avere
il culto del proprio fisico e della propria forma, soffrire se non si riesce a
mantenere questo splendido stato di cose. E se sopraggiunge una malattia o
anche solo un malessere leggero, allora è la crisi, la nevrosi. Perche ciò che
conta è arrampicare sempre al limite delle possibilità, ciò che vale è la difficoltà
pura, il tecnicismo, la ricerca esasperata del "sempre più difficile".
Trascinato da questo delirio, non ti accorgi che I tuoi occhi non vedono più, non
percepisci più il mutare delle stagioni, che non senti più le cose come un
tempo. Sei null'altro che un professionista; per te l'alpinismo è un lavoro. E così
non ti accorgi che a uno a uno stai perdendo tutti gli amici, quelli che ti
conoscono bene a fondo, che a volte hanno cercato di farti capire che stai
sbagliando, e forse anche tu lo hai capito e lo sai bene, ma consciamente o
inconsciamente ti rifiuti di accettare il peso di una realtà faticosa."